Benessere psicofisico con lo yoga: scopri come e perché parte 1
Ritrovare il proprio benessere psicofisico con lo yoga è qualcosa che ormai è sulla bocca di tutti. Ma sappiamo perché? E da dove viene questa sua magica capacità?
Nella Katha Upanishad si legge che lo yoga è l’inizio di una nuova vita data dal fermo dominio dei sensi per il quale l’uomo non è più turbato.
Lo yoga è una scienza trasformativa che ci permette di trasformare ciò che può essere il nostro peggior nemico, ma che potrebbe essere il nostro migliore amico, se solo la usassimo in maniera diversa: la mente può essere amica dell’anima condizionata, ma può anche esserle nemica, Una persona deve servirsene per liberarsi, non per degradarsi (Bhagavad Gita VI.36).
È vero è impresa ardua e difficile, come catturare il vento. Ma è fattibile. Con costanza (abhyasa) e col distacco (vairagya). Queste sono le basi per poter ottenere l’agognato benessere psicofisico che in una società scoppiettante come la nostra pare cosa ardua come catturare la mente e il vento.
Dette così sembrano parole al vento perché come si fa a metterle in pratica nella vita di tutti i giorni? Come si può arrivare al fermo dominio dei sensi? Al distacco emotivo? A praticare con costanza quando si lavora 12 ore al giorno?
Ecco che lo yoga può aiutarci davvero a trasformarci.
Per noi è stato così. E sappiamo che lo yoga può diventare davvero trasformativo, se glielo lasciamo fare e se ci permettiamo di trasformarci.
Ma se vogliamo rimanere dove siamo, allora non avrà nessun beneficio: ci aiuterà a tonificare i muscoli e probabilmente ad avere una pelle luminosa e un corpo da ragazzini. Ma se gli permettiamo di entrare in profondità in noi stessi, queste saranno solo le conseguenze di una trasformazione interiore che ci renderà ancora più luminosi e in grado di diffondere la nostra luminosità al mondo attorno a noi.
Come? Facendo quello che dobbiamo fare nel momento in cui dobbiamo farlo. È la morale della Bhagavad Gita, che potrà pure apparare un poi’ utilitaristica o priva di etica. In realtà tutta la Bhagavad Gita è una metafora e allora far quello che devi fare vuol dire anche uccidere una parte di te che poi rinascerà sotto altra forma, se le permetti di trasformarsi non in nevrosi, ma di sublimarsi positivamente.
Le vere crisi, come quella di Arjuna sul campo di battaglia, servono a questo: a trasformarci. A cambiare rotta. O a marcire dove siamo cercando di razionalizzare, di trovare una soluzione su come vivere la nostra vita. A volte le risposte ci arrivano studiando ed entrando in un libro, come il protagonista della Storia Infinita.
Le razionalizzazioni danno un senso laddove emotivamente non si sopporta qualcosa. Ma quando cominciamo a sentirne il rumore di porta che cigola, non tappiamoci le orecchie cercando di continuare coi nostri vecchi schemi. Scardiniamoli!
Questi sono i momenti delle svolte: le crisi, quelle che ti portano a cambiare davvero. Abbracciamole quando arrivano, invece di volerne fuggire. I momenti di caos interiore totale sono necessari per lo sviluppo personale.
Arjuna nel primo capitolo della Bhaghavad Gita rappresenta questo vacillare delle nostre capacità e delle nostre energie interiori. Ma come?! Proprio lui che aveva combattuto contro il cacciatore Kirata, sotto le cui vesti si celava Shiva il distruttore? Tutti abbiamo momenti in cui vacilliamo ed è allora che dobbiamo riconnetterci alla conoscenza di base che può trasformarci… ma non ora. Ciò che può trasformarci è cominciare ad osservarci. Anche nelle nostre razionalizzazioni. E cominciare a prendere le distanze da ciò che abbiamo sempre dato per scontato.
“Che palle” direte. “Ho già così tanto da fare che ci manca che debba pure praticare il controllo dei miei pensieri”. Beh, direi di sì, se l’alternativa è farci controllare dai nostri pensieri automatici, dovuti ai nostri condizionamenti che, se non vogliamo attribuire alle vite precedenti, possiamo ormai aver la certezza scientifica che arrivino dalle nostre impronte neurobiologiche, lasciateci nel sistema nervoso dal nostro stile di attaccamento emotivo…
Sì, possiamo dare, almeno in parte, la “colpa” ai nostri genitori, che sollievo. Ne siamo così sicuri?
Scopri di più nella seconda parte dell’articolo sullo magica capacità dello yoga di aiutarci a ritrovare il nostro benessere psicofisico!