Come affrontare le crisi per prendersi cura di sé
Nella Bhagavad Gita possiamo trovare insegnamenti terribilmente attuali per imparare a prendersi cura di sé, risposte alle domande esistenziali alle quali, il più delle volte, non sappiamo dare risposta. Ne abbiamo parlato nel nostro primissimo incontro yogico.
È il VI libro del Mahabarata – uno dei due Itihasa (Iti=così, Ha=infatti, Asa=fu), i grandi poemi della letteratura vedica, insieme al Ramayana. Sono poemi epici senza tempo che tramandano la memoria appresa e tramandata dagli antenati, e che nella nostra era di Kali stanno andando persi.
Parla della sanguinosa guerra che vede schierati sul campo di battaglia da un lato i Kaurava, figli di Dhritarashtra, e dall’altro i Pandava, i loro cugini, figli di Pandu, fratello appunto di Dhritarashtra. I cugini, totalmente diversi per indole e comportamento, rappresentano opposti “tipi psicologici” che sul campo di battaglia si fronteggeranno.
La guerra, tra gli aspetti egoisticamente calcolatori rappresentati dalla cecità dei Kaurava e le tendenze che vogliono invece elevare l’uomo, rappresentate dalla purezza d’animo dei Pandava e dal loro continuare a voler procrastinare una guerra già scritta, era inevitabile. Un po’ come la guerra interiore tra quei lati di noi che vogliono trattenerci nell’ombra e quella spinta a elevarci e a risvegliarci che è in ognuno di noi. Che è il dharma di ognuno di noi.
Dhrtarastra disse: O Sanjaya, che cosa hanno fatto i miei figli e i figli di Pandu dopo essersi riuniti nel luogo santo di Kurusksetra per dar inizio alla battaglia?
Bhagavad Gita I.I
Krishna, avatar di Vishnu, sceso sulla terra proprio per riportare l’ordine infranto dalle tendenze sovvertitrici dei Kaurava, scende in campo a fianco del suo amico Arjuna, quindi dalla parte dei Pandava. Duryodhana, sempre accecato dalla brama di abbondanza, sceglie di avere un esercito enorme invece di Krishna stesso che gli aveva dato un’ennesima possibilità di scelta. Ancora una volta Duryodhana, a capo dei Kurava, non scelse ciò che poteva farlo davvero sentire traboccante di ciò che serve davvero.
E la guerra, tra i suoi aspetti egoisticamente calcolatori e le tendenze che lo volevano invece elevare, fu a quel punto inevitabile.
La guerra, tra i nostri aspetti egoisticamente calcolatori e le tendenze che ci vogliano invece elevare, è, in ogni momento, inevitabile.
E quando arriva la crisi?
Ed è a questo punto che comincia la Bhagavad Gita, che condensa in 18 capitoli quei minuti di angoscia e crisi che Arjuna affronta prima dell’inizio della battaglia.
Tutti noi viviamo momenti come questi. Tutti noi sappiamo benissimo cosa siano le crisi e come queste ci rendano incapaci di prendersi cura di sé.
Il dialogo in 18 capitoli tra Krishna e Arjuna che sarà durato una manciata di minuti, ma che possono rappresentare allo stesso tempo la vita nella sua totalità, la vita del singolo, un momento della giornata, un momento della vita.
Compi il tuo dovere con spirito equilibrato, o Arjuna, senza attaccamento al successo o al fallimento. Tali equanimità si chiama yoga.
Bhagavad Gita II.48
La Bhagavad Gita è un libro magico che, gradualmente, ci insegna l’arte dell’agire equanime: lo yoga.
Cosa aiuta più di tutto a prendersi cura di sé?
Krishna non ha dubbi. e nemmeno la fisica quantistica odierna. C’è qualcosa che va oltre la nostra individualità, i nostri concetti di io e mio. Sì, ok, con la testa possiamo anche capirle queste cose? Ma come si possono mettere in pratica il concetto di flusso, di campo, di tutto è uno? La Bhagavad Gita ci aiuta in questo. Ci mostra come il segreto dei segreti sia alla portata di tutti, per liberarci da ansia, preoccupazioni, infelicità. Occorre solo sforzarci un pochino. e come Arjuna impugnare la spada del guerriero che è in noi e non dar voce ai nostri dubbi. Fare quello che “dobbiamo” fare sentendoci parte di qualcosa di più grande. Facile? Assolutamente no! Fattibile? Sì.
Krishna ci insegna l’arte del retto agire, dell’equanimità, del seguire il nostro dharma, la nostra essenza nel mondo senza inseguire quella che gli altri ci dicono che sia.
A livello puramente razionale si può anche capire di cosa stiamo parlando, ma per metterlo in pratica occorre che qualcuno ci indichi la via. Ciò che Krishna fa con il suo amico Arjuna, è prenderlo per mano e aiutarlo nella crisi. Gli insegna, passo dopo passo, come avvicinarsi a quella conoscenza regia e segreta (raja e guhyam) che unica, ci permette di cambiare in modo definitivo il nostro agire, liberandoci dai nostri automatismi mentali. Conoscendo “il segreto dei segreti” (questa conoscenza suprema) diamo a noi stessi la possibilità di rientrare a contatto con quel flusso da cui tutti veniamo. Solo lasciandoci andare ad esso possiamo trovare chi siamo davvero, come strumenti di un’unica grande orchestra, che solo in essa trovano la loro melodia.
Che ha un sapore unico, quello della felicità.
Condivideremo con voi nei prossimi articoli la nostra interpretazione di questo magico libro, che ci ha aiutate, e ci aiuta ancora, nei momenti di crisi che anche noi affrontiamo.