Come combattere lo stress della vita quotidiana
Sappiamo tutti benissimo quanto la vita oggi non ci lasci molto spazio per prenderci cura di noi: ma se non impariamo come combattere lo stress che ci attanaglia, non riusciremo mai a vivere davvero bene. Con tutto ciò che lo stress comporta. Lo sai che lo stress è il responsabile della maggior parte delle malattie odierne? Abbassa a tal punto le difese immunitarie una volta diventato cronico, che al corpo rimane solo la malattia per avvisarci che l’energia non fluisce più.
Sì va bene, lo abbiamo capito che tutto è energia e che possiamo e dobbiamo ri-equilibrarla.
” [Ma come si fa] a incanalarle e a direzionarle queste energie interiori? Agendo. Che non vuol dire reagire, ma agire in base ad una motivazione ben diversa da quelle che in genere ci spingono.
“MMMM, la lezione di morale…”
No. Non si tratta di morale. Ma di quella conoscenza alla base di tutto, che si basa su un’idea fondamentale: c’è qualcosa, qualcuno, che può osservare tutto quello che ci capita, anche a livello emozionale. Noi stessi possiamo guardare il nostro dolore, pur continuando a provarlo: allora esiste davvero un’altra nostra capacità interiore di vedere le cose.
Possiamo chiamarla anima, coscienza, vero io. O come vogliamo. Ma c’è.
Il boato delle conchiglie suonate per dare inizio alla battaglia nel capitolo uno della Bhagavad Gita, si ripercuote nel cielo lacerando i cuori: ognuno ha in sé due forze che sempre agiscono in noi, ciò che da sempre vengono chiamato il bene e il male. Senza etichette morali appunto, questi concetti si potrebbero identificare con spinte da una parte e dall’altra. Queste, se sapientemente incanalate e integrate, permettono una vita sana e in linea con la naturale essenza della vita stessa. Cercare di rinnegare un lato di noi non fa che alimentarlo, anche se di nascosto. Non si può eliminare una cattiva abitudine sforzandoci di non averla più, perché essa continuerebbe ad agire non fisicamente, ma psicologicamente. Occorre agire sulla motivazione che precede l’azione, sul pensiero che la genera. E come si fa? Con una sana, costante, pratica.
Pratica costante per imparare come combattere lo stress
“Che palle” direte. “Ho già così tanto da fare che ci manca che debba pure praticare il controllo dei miei pensieri”. Beh, direi di sì, se l’alternativa è farci controllare dai nostri pensieri automatici, dovuti ai nostri condizionamenti che, se non vogliamo attribuire alle vite precedenti, possiamo ormai aver la certezza scientifica che arrivino dalle nostre impronte neurobiologiche, lasciateci nel sistema nervoso dal nostro stile di attaccamento emotivo.
Sì, possiamo dare, almeno in parte, la “colpa” ai nostri genitori, che sollievo. Insomma. Ci fa sentire davvero meglio sapere che le nostre nevrosi derivano dai traumi, piccoli o grandi che siano, che tutti, chi più chi meno, abbiamo dovuto patire? Se i percorsi neurali ci portano comunque ad agire nella stessa direzione, forse non è poi un sollievo così grande.
“Ma perché dovrei volermi liberare dei miei condizionamenti?”
Ma non so, perché forse si può vivere meglio di così? Con meno stress, meno rabbia, meno frustrazione?
“Ma la rabbia mi serve per scaricare, dopo che mi sfogo sto molto meglio”.
La rabbia è un modo di reagire che, per carità, a volte ci sta: ripeto, non voglio diventare santa e non sto cercando di convincere nessuno a diventarlo.
Anche perché, alla fine, un santo è un peccatore che non smette mai di provarci, che non si arrende mai. Ma come tutte le reazioni, anche la rabbia può essere osservata e se la si può osservare, vuol dire che qualcuno, qualcosa può osservarla, no?
Ricordo che il mio adorato psicologo EV mi aveva fatto un disegno di un palco teatrale in cui c’erano i personaggi, le mie reazioni credo, e un tipo vicino al sipario tirato indietro: mi diceva sempre “Valentina, si metta lì, vicino al sipario, ad osservare; poi capiremo insieme cosa sta succedendo sulla scena”.
Anni dopo capii e presi consapevolezza di quanto questo esercizio non fosse un modo per dissociarsi, ma per dare voce a una parte di noi che non è solo quella razionale. Non è la mente che osserva. La mente agisce insieme al corpo perché è fatta anch’essa di materia (sono comunque impulsi elettrici che la fanno funzionare). La filosofia indovedica ha questa grande differenza dalla psicologia occidentale: fa della mente l’oggetto e non il soggetto.
Tutti i suoi aspetti che noi occidentali siamo così bravi ad indagare da un punto di vista neurobiologico, scientifico e razionale, non possono però liberarci dalla sofferenza (come è evidente), e nemmeno permetterci di vivere una vita del tutto piena, perché tralasciano il lato spirituale della vita ,senza il quale la vita senso non ha.
Occorre risvegliare le nostre ombre ogni giorno
Perché tutti siamo portati a dover combattere ogni giorno, più volte al giorno, con ciò che riteniamo essere i nostri lati bui, le nostre ombre, come Arjuna che dovrebbe cominciare a scagliare frecce ed invece è lì, che gli tremano le gambe e la bocca gli si secca e preferirebbe morire lui, lì, disarmato e senza resistenza.
Quante volte lo facciamo pure noi. Quante volte cediamo, da un lato ai nostri impulsi che ci trascinano giù, e dall’altro alle nostre voci che ci impediscono di credere in noi. E non è che dobbiamo poi sentirci in colpa se mangiamo un biscotto in più, perché se non lo mangiamo e continuiamo a pensarci è ancora peggio!!
L’azione non agìta continua ad agire dentro di noi: se vogliamo davvero non mangiare più un pacco di biscotti la sera davanti alla tv, cerchiamo di capire che cosa ci sta dietro a questa smania. Possiamo fare lo stesso, con tutto ciò che facciamo e che poi ci fa sentire in colpa.
Ovviamente non sto dicendo di lasciarci andare senza sensi di colpa a tutto ciò che ci piace e che ci fa male (che poi tante volte non lo facciamo già??), ma che se ci mangiamo il cioccolato almeno godiamocelo senza rimuginarci su, se lo facciamo o se non lo facciamo!
E se si sgarra, ricominciamo da zero, senza pensare a ciò che si è fatto prima. Cambiando i componenti che stanno alla base delle nostre azioni, le nostre azioni cambieranno in automatico senza bisogno di sforzi. Provare per credere!
Oppure continuiamo ad accasciarci a terra, a posare il nostro arco e a farci opprimere dai nostri dolori.
E rimaniamo così, disarmati e senza resistenza verso i nostri condizionamenti psico-neurobiologici, come Arjuna alla fine del primo capitolo uno della BG: rimaniamo così, fissati nel capitolo uno della nostra vita.”
E tu, a che capitolo sei?
Fine del capitolo uno de “Il guerriero della mente”