Curare lo stress con lo yoga
Abbiamo visto nel precedente articolo che per combattere lo stress è necessario capire come si manifesta nel corpo e come questi sintomi ci vogliano dire che qualcosa non va. Così facendo possiamo capire come curare lo stress dalle sue origini e non solo andando a tamponarne i sintomi.
Per riportare in equilibrio le parti del sistema nervoso fuori controllo alla base dello stress, lo yoga è davvero un’arma vincente. L’ho sperimentato io sulla mia pelle e lo sperimentano le persone che aiuto a gestire ansia e stress sia col mio supporto dal vivo che coi nostri corsi.
Curare lo stress con gli asana e la meditazione è la via definitiva per riportare il sistema nervoso in equilibrio. Alla base dello stress ormai cronicizzato abbiamo visto che c’è una costante produzione di sostanze dannose per il benessere dell’organismo. La bella notizia è che si può sempre decidere di interrompere questa produzione e tornare, subito, in uno stato di salute. Non è fantascienza o qualcosa da creduloni. È come funziona il nostro apparato fisico. Psico-fisico direi, perché ormai è di dominio pubblico che la mente e il corpo siano un tutt’uno che si sostiene vicendevolmente.
Lo yoga nella sua valenza fisica ci aiuta a sperimentare attivazioni forti del sistema nervoso, ma anche a sentire che si possono placare. Come a dire che posso sperimentare l’attivazione dell’ansia, ma tornare, in fretta, ad uno stato di calma.
Nella sua parte meditativa, ci porta a contatto spesso con emozioni e pensieri che non vogliamo provare e fare (e che ci dominano dall’inconscio). Se “illuminati dalla luce della consapevolezza” possono però venir trasformati. Portare a galla questi pensieri ed emozioni alla base dei sintomi psicosomatici con cui tutti conviviamo è il modo per curare alla radice le cause dei nostri malesseri. Altrimenti continueremo a spostare il problema da un sintomo all’altro.
Lo spazio sicuro creato dallo yoga per curare lo stress
Permettersi di trovare dentro di noi uno spazio in cui sentirci sicuri (o sentirsi parte di un gruppo che si prende cura di noi), può aiutare a vivere, qui e ora, anche emozioni spiacevoli, che in genere evitiamo come la peste. Solo così le possiamo lasciar fluire e, di conseguenza, trasformare.
Questo ci dà la possibilità di non dover sempre rivivere gli stessi automatismi, causati dal fatto che non ci siamo sentiti protetti e sicuri in passato.
Per superare le reazioni automatiche di eventi più o meno stressogeni, la mente ha bisogno di questo spazio sicuro in cui le reazioni a stimoli esterni non facciano rivivere le sensazioni cronicizzate, che niente hanno a che fare con i reali input del momento.
Ed è in questo spazio che la persona è davvero in grado di trasformare la propria biologia e le proprie emozioni. E quindi di curare lo stress, ridistribuendo in corpo e mente l’energia in genere investita per mantenere questo stato di perenne allerta. Tutte le parti dell’organismo allora tornano a collaborare all’unisono per portare un unico messaggio di pace e quiete. Come un’orchestra in cui tutti gli strumenti suonano la stessa melodia.
In questo stato dell’essere, la persona è in grado addirittura di plasmare il proprio DNA in maniera diversa (epigenetica). Il cervello in stato di quiete accede infatti a nuove possibilità di risposte adattive (attivando diversi neurotrasmettitori non più connessi agli ormoni dello stress) che modellano l’espressione dei geni.
Capovolgere il nostro modo di pensare e agire ci libera dallo stress
Il capitolo XV della Bhagavad Gita è interamente dedicato a questo albero, che simboleggia il labirinto di motivazioni condizionate in cui ci muoviamo. Queste determinano i nostri comportamenti e si aggrovigliano sempre più una sull’altra come filo su una matassa. Questo gomitolo di azioni e condizionamenti costituisce la nostra storia individuale, basata sui nostri imprinting e sulle nostre re-azioni da essi condizionati.
Il Signore Beato disse: Essi (i saggi) parlano di un eterno albero ashvattha, con le radici in alto e i rami in basso, le cui foglie sono i Veda. Chi conosce quest’albero della vita è un conoscitore dei Veda.
Bhagavad Gita XV.1
Per capovolgerci e capovolgere il nostro modo di pensare, parlare, agire, si deve uscire dai nostri meccanismi automatici. La meditazione e lo yoga portano corpo e mente fuori dai soliti schemi motori e mentali, abituandoli a prendere strade diverse da quelle note. Senza la paura di non sapere dove si vada ma anzi con la frizzantezza dell’ignoto.
I programmi mentali si automatizzano perché il cervello tende all’economia e, di suo, non cambia i consueti percorsi neuronali, anche se non sono più funzionali.
Possiamo farlo con lo sforzo della meditazione e della pratica dell’osservazione di questi automatismi all’opera. Questo sforzo, come succede quando ad esempio vogliamo fare massa muscolare, serve come carburante per la trasformazione.
Meditare per curare lo stress
Meditando attiviamo parti del cervello che aiutano gli schemi automatizzati a non prendere il sopravvento, togliendo ad essi il collante che ne tiene insieme le parti. Togliendo questo collante lo si può dare ad altre reti/schemi neuronali. Inoltre la meditazione ci insegna anche far fare al corpo ciò che non vorrebbe (stare fermo). Questo lo sprona ad uscire dai suoi vecchi schemi. Già solo il fatto di stare seduti immobili è proprio un uscire dai soliti schemi.
Oltre agli schemi mentali ne abbiamo anche di motori che dipendono sempre dalle reti neuronali che si traducono in input in uscita (movimento) del sistema nervoso. Cambiando le reti del cervello cambiano anche gli input del sistema nervoso periferico somatico motorio, quello che regola appunto i movimenti.
Intelligenza del corpo
Possiamo aiutare il cervello a uscire dai suoi schemi anche attraverso il corpo. Esattamente come sviluppiamo competenze cognitive e di elaborazione di ciò che avviene nella nostra mente, possiamo imparare a riconoscere anche cosa ha da dirci il nostro corpo.
Tramite questo ascolto possiamo modificare le interpretazioni che diamo sia a ciò che proviamo – o crediamo di provare – sia, di conseguenza, a ciò che facciamo e a come ci relazioniamo alla vita e agli altri. Abbiamo approfondito l’argomento nell’articolo precedente, Combattere lo stress.
Lo yoga ci insegna questa competenza e questa competenza riporta corpo e mente in equilibrio, riportando in omeostasi il sistema nervoso. Lo yoga è in grado di curare lo stress causato dalla prevalenza della parte orto-simpatica del sistema nervoso. È quella che si attiva in situazioni d’allerta. Di contro, la componente parasimpatica è connessa al rilassamento ed è alla base delle funzioni vitali quali la digestione, il sonno, la riproduzione, la circolazione sanguigna, il metabolismo ecc.
Lo yoga ci aiuta a curare lo stress proprio perché abbassa la produzione delle sostanze stressogene (adrenalina e cortisolo) e ci aiuta a produrre più ormoni della felicità (ossitocina e serotonina). Riesce a fare tutto questo grazie agli asana che vanno ad attivare o a disattivare le due parti del sistema nervoso che regolano la produzione di queste sostanze.
Riconoscere che non siamo solo materia, ci aiuta a curare lo stress
Ma non solo. La scienza dello yoga ci mette in contatto con una parte di noi che non possiamo sperimentare coi sensi. Ci fa conoscere, se già non la conosciamo, la nostra parte energetica, sottile, immateriale. In termini scientifici possiamo chiamarla parte ondulatoria, vibrazionale, energetica. Filosoficamente parlando potremmo chiamarla anima, coscienza. Nella terminologia induista si chiama Purusha, la consapevolezza che si manifesta nella Prakriti, la materia, che senza di essa sarebbe cieca, come Purusha senza Prakriti sarebbe zoppo.
Conoscendo questa parte di noi e alimentando più essa rispetto a ciò che ci arriva dai sensi e che, letteralmente, manda il sistema in corto circuito, stiamo subito meglio!!
Esiste un mondo fantastico dentro di noi in cui possiamo trovare quella sicurezza e quella pace che in genere cerchiamo fuori di noi – nel lavoro, nelle relazioni, nei soldi, negli oggetti, nel cibo, nello shopping, nello sport.
Lo yoga ci riporta a trovare questa connessione con qualcosa di diverso, meno materiale, più vicino alla coscienza/energia (purusha) pur sperimentandola proprio attraverso il corpo.
“Perché, alla fine, la schiuma delle onde che si dissolve e pare sparire nel cielo, torna ad essere mare. E noi, per vivere davvero in modo appagante, dobbiamo riappropriarci anche della nostra spiritualità pur intrisa di materialità, perché è solo nel corpo che, paradossalmente, possiamo sperimentarci come essere spirituali.”
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